Reiulf Ramstad

Norvegese di nascita ma con formazione italiana (si è laureato infatti alla Facoltà di Architettura dell’Università di Genova), Reiulf Ramstad ha ricevuto numerosi riconoscimenti e premi internazionali per la sua attività progettuale e di design, segnalandosi come uno dei più interessanti architetti nordici emergenti già all’epoca dell’intervista, nel 2011. Vincitore di diversi concorsi, le sue opere si caratterizzano per la chiarezza della concezione e la vivibilità dell’architettura che si coniuga armoniosamente con il paesaggio.
Reiulf Ramstad
22
Ago

Reiulf Ramstad

La Norvegia è un paese con un’antica tradizione di costruzioni in legno grazie anche alla ricchezza e alla qualità del legname che possiede. Ancora oggi molti edifici interessanti cono costruiti in legno, confermando la considerazione che architetti e costruttori hanno nei confronti di questo materiale. Secondo lei, cosa offre il legno a un progettista?
Un aspetto peculiare del legno è la sua imprevedibilità; mi affascinano ad esempio i cambiamenti di colore che assume in seguito all’esposizione alla luce solare. Il legno è senz’altro un materiale che può essere adoperato per molteplici funzioni, all’esterno come all’interno, in dettagli che tocchiamo. Non si può generalizzare, parlando di legno, ma occorre riferirsi a specifici tipi di legno a seconda della funzione che questi devono svolgere: da molteplici tipologie di legno derivano altrettante soluzioni architettoniche. Per queste sue caratteristiche di versatilità e variabilità che pochi materiali hanno, può essere indicato come materiale del futuro.

Qual è la sua definizione del materiale legno?
Definirei il legno soprattutto come un materiale tattile, ma è anche organico, sostenibile e percettivo; può essere molto grezzo e robusto ma allo stesso tempo raffinato, coniugabile quindi in mille modi.

Lei ha studiato in Italia e oggi lavora in Norvegia: cosa ha portato con sé della cultura architettonica italiana?
Ciò che più ho trovato interessante è l’architettura storica di città italiane come Siena e Venezia. È la diversa spazialità di città come Venezia, che contiene in sé ambiti molto diversi l’uno dall’altro che non troviamo nelle città moderne dove gli spazi sono “a scala di automobile”. La dimensione dello “stretto”, del “piccolo” è più sostenibile, più umana con diverse proporzioni che creano un universo ricco, un microcosmo. Attraversare una città come Venezia diventa così un’ispirazione per come, a mio parere, dovrebbe essere la città del futuro; questo sta già in parte accadendo in seguito all’esponenziale sviluppo urbano in Giappone dove ormai tutto tende a diventare di dimensioni più ridotte.

Quale filosofia sta alla base dei suoi progetti?
L’architettura deve fondarsi su un equilibrio tra analisi, metodo, nozioni e intuizione, tra razionalità ed emozionalità. Noi cerchiamo sempre di produrre un’architettura che sia chiara e vicina all’idea del vivere. Un’architettura è ben riuscita quando permette di essere ben vissuta e contribuisce a dare consistenza alla vita delle persone. Un edificio è anche un atto, un gesto che dialoga col mondo e con ciò che ci sta attorno. La spazialità è un elemento fondamentale per il progetto, deve variare in modo naturale, anche un solo, piccolo gradino può modificare la percezione di uno spazio e quindi tutto il suo insieme.

Quanto il paesaggio è fonte di ispirazione in un suo progetto e qual è il rapporto tra esterno e interno di un edificio?
Credo che un progetto debba sempre essere legato al luogo in cui viene costruito e debba confrontarsi con esso non solo in senso fisico ma mentale, in modo da interpretarlo e allo stesso tempo diventare parte di esso. Bisogna riuscire a vedere qualità e possibilità di un luogo come la composizione del suolo, la topografia o il clima, ma anche gli aspetti non tangibili come l’atmosfera, le sensazioni che può dare e la cultura locale. Da questa duplice riflessione sul luogo si possono ricavare nuove soluzioni, ed è il paesaggio stesso a darne i suggerimenti. Ritengo che il confine tra interno ed esterno debba essere sempre molto labile, creando degli spazi di transizione che riescano a portare l’esterno all’interno e viceversa.

Che influenza hanno il metodo costruttivo e i materiali nel suo modo di progettare?
Geometria, materiali, forma e struttura: tutti questi fattori, nei nostri progetti, sono considerati come un unicum, non esiste una forma per se stessa. La forma si genera dall’insieme di materiali e metodo costruttivo, mantenendo la vera natura dei materiali utilizzati. Durante tutto il processo creativo, ogni fattore che contribuisce a realizzare un edificio è preso in considerazione in relazione al tutto e non in modo separato.

Secondo lei come si coniugano sostenibilità, risparmio energetico, architettura?
A mio parere si tende a essere troppo legati a parametri normativi generali spesso molto teorici che rappresentano un ostacolo e non permettono al progetto di esprimersi al meglio. Quindi preferisco soluzioni più radicali anche se non inquadrate nelle norme tecniche usuali. Credo bisognerebbe essere più liberi su queste cose sia in senso scientifico che pratico.

In un paese così a nord come la Norvegia, che peso hanno le condizioni climatiche nelle scelte progettuali?
Sicuramente il clima norvegese così rigido e con cambi stagionali così notevoli per temperatura, e soprattutto per luce, influenza le nostre scelte architettoniche. Questa sensibilità tipicamente nordica per la luce ci porta a cercare di integrare il più possibile l’interno con l’esterno di modo che nelle stagioni calde si possa godere di ogni raggio di sole. La cultura nordica, dunque, è una cultura che possiamo definire domestica; si tende a passare molto più tempo in casa proprio a causa delle basse temperature.

Negli ultimi due decenni si sente molto parlare degli architetti norvegesi e del loro modo di fare architettura. In cosa consiste e da cosa dipende, secondo lei, l’innovazione o la diversità rispetto agli altri architetti europei?
Considero la gran parte dell’architettura norvegese molto tecnocratica e poco intuitiva e questo si sta evidenziando negli ultimi anni come una tendenza del mercato. Esiste tuttavia un gruppo di architetti norvegesi, con i quali condivido la medesima filosofia, che conducono una ricerca molto interessante per dare delle risposte all’architettura di oggi, un’architettura che è veste del quotidiano. La peculiarità dell’architettura norvegese è inoltre l’intrinseca tendenza a far entrare il paesaggio nell’architettura e questo deriva anche dalla composizione stessa delle nostre città, circondate dalla natura.

L’ultima domanda: qual è il progetto a cui è più legato e perché?
Devo dire che sono legato a ogni progetto che portiamo a termine perché abbiamo cura di tutti in egual maniera e cerchiamo sempre di risolverli nel migliore dei modi. Per noi non esistono progetti migliori di altri, tutti possono portare a sviluppi interessanti e permettere di studiare e approfondire nuove soluzioni compositive. Un elemento che ritengo fondamentale per il progetto è il dialogo con il cliente, con il quale si può avere uno scambio reciproco. Anche i clienti con mezzi limitati hanno portato a progetti interessanti perché affrontati con gioia ed entusiasmo da entrambi i lati. Gli edifici esistono non solo come oggetti fisici, ma anche come processi dialettici tra architetto e cliente.

Per approfondimenti: www.reiulframstadarkitekter.no