Mario Cucinella

Fondatore dello studio MCA Architects, Mario Cucinella è un architetto riconosciuto per il suo interesse verso i temi legati alla progettazione ambientale e alla sostenibilità in architettura...
Mario Cucinella
20
Lug

Mario Cucinella

Lei è un architetto noto per il suo impegno verso la sostenibilità; l’utilizzo del legno che vediamo in alcune delle sue realizzazioni rientra in questa maniera di guardare all’architettura?
Il nostro impegno in questo senso esiste ormai da molto tempo e riguarda numerosi aspetti: non è solo una questione di materiali ma anche un argomento legato all’efficienza dell’edificio, alla riduzione dei consumi energetici e delle emissioni; il tema della sostenibilità è molto ampio. Oggi molta attenzione è data ai processi costruttivi e alla tipologia di materiale utilizzato e il legno ha delle caratteristiche molto importanti: ormai quasi tutta la produzione del legno rientra in processi di rigenerazione delle foreste, ci sono dei piani per rigenerare il legno che viene consumato, c’è una filiera del legno che è stata molto attenta e che a mio avviso ha fatto anche un grande passo avanti rispetto a quella che poteva essere la tradizione del legno; oggi il legno è una materia ad alto contenuto tecnologico e di conoscenza. Per me è importante considerare il legno per i suoi aspetti qualitativi, per la qualità della materia, per il fatto che sia un materiale naturale che crea una relazione con le persone nello spazio – come nel caso del nido di Guastalla – e una relazione di tipo ancestrale, che le persone hanno sempre avuto con le materie vive; quindi, da questo punto di vista, si va anche al di là della sostenibilità. Mi piace usare il legno quando credo che dia il meglio di sé, rappresentando molto bene sia la tecnologia, sia il sistema costruttivo, sia questo rapporto con le persone.

Quando è iniziato il suo percorso con il legno? Qual è il primo edificio in cui l’ha utilizzato?
Il primo lavoro che abbiamo fatto con il legno credo che dati 1994 quando facemmo il recupero di un edificio per il Centro di ricerche Europeo di Ispra vicino a Varese, in cui realizzammo una copertura in lame di legno lamellare di più di 5.000 metri quadri. Venne usato il legno per ombreggiare l’edificio ma allo stesso tempo per creare un rapporto tra questa grande copertura, i giardini e il parco. La copertura passava attraverso gli alberi così la stessa materia ritrasformata diventava invece un parasole, una protezione solare, trasformando l’edificio esistente in un nuovo edificio.

Quali pensa possano essere i vantaggi principali del legno anche rispetto ad altri materiali?
I vantaggi sono legati al tema produttivo, alla modalità con cui si produce il materiale: che sia sotto forma di travi, di pannelli o di finestre il legno ha una versatilità nell’ambito delle costruzioni molto interessante sia legata alla rapidità del montaggio ma anche al suo DNA di provenienza da una risorsa rinnovabile. Non ultimo c’è anche un aspetto psicologico e tattile legato all’esperienza che abbiamo vissuto tutti entrando in baite di legno di montagna, in cui si ritrova all’interno un certo senso di sicurezza e di qualità della natura che avvolge lo spazio. Ci sono dunque due livelli, uno percettivo-psicologico e l’altro materico-sensoriale, e ce n’è poi un terzo, tecnologico, che è invece legato a tutta questa filiera che negli ultimi anni ha fatto grandi passi avanti sia riguardo il sistema di produzione sia riguardo il sistema del montaggio delle pannellature; tutta la filiera del legno è stata forse l’esempio più interessante di come una materia tradizionale si trasforma in una materia di innovazione e questo è un passaggio storico molto bello.

Dal punto di vista progettuale, la particolarità del materiale e le sue caratteristiche richiedono un approccio molto differente, nella sua esperienza, rispetto alle altre soluzioni costruttive?
Al di là di quello che può essere l’aspetto estetico della materia, per lavorare il legno dal punto di vista costruttivo sono ovviamente necessarie delle competenze tecniche, un po’ come avviene per le carpenterie metalliche: le si può disegnare ma poi ci vuole il carpentiere, ci vuole l’ingegnere che fa strutture metalliche. Per questo dico che la filiera è una filiera interessante perché, oltre ai produttori, sono nati anche tanti studi di ingegneria che si occupano proprio della progettazione del legno. È molto importante l’apporto che possono dare le competenze degli specialisti del legno perché, essendo una materia che deriva da una risorsa rinnovabile, bisogna usarla per la sua natura; non si può usare il materiale in modo non sostenibile e sprecarlo. Ci vogliono competenze che aiutino a ottimizzare la materia, che ne conoscano il comportamento nel tempo, che conoscano gli aspetti legati alle giunzioni che sono un tema importante. È necessaria anche la collaborazione con le aziende che hanno costruito nel tempo l’esperienza, l’ottimizzazione dell’uso dei diversi componenti. Da tempo sono un grande fautore di questa importante complicità e relazione col mondo del costruire per realizzare progetti. I progetti li dobbiamo costruire e quindi avere un dialogo con chi fabbrica, lavora, taglia, produce, ecc.: è un elemento determinante per la qualità dell’opera, senza che questo tolga nulla al nostro lavoro.

Pensa che il legno, che oggi conosce una grande diffusione, possa essere un materiale utilizzabile in ogni tipo di progetto e contesto? Quali sono secondo lei i limiti?
C’è una sfida tecnologica che mi sembra interessante: oggi i limiti che vedo riguardano sempre più le questioni legate alla costruzione di torri. La filiera delle costruzioni è un mondo molto ampio in cui si usano i materiali più diversi e le scelte si fanno per ragioni di natura economica, tecnologica, di vicinanza, di rapidità, di performance… Il legno gioca un ruolo molto importante all’interno di questo grande mondo delle costruzioni perché ha saputo rinnovarsi, ha saputo trasformare la tradizione in innovazione. Ci sono ovviamente cose che in legno si possono fare e altre che non si possono fare. Credo che vada compreso molto bene qual è il potenziale che un materiale ha in senso assoluto, sfruttandolo per queste sue potenzialità. Non mancano però alcune contraddizioni come, per esempio, quando si fanno le case di legno e poi si intonacano, allora sorge un problema, non si può usare il legno e poi rivestirlo o intonacarlo: la materia del legno è bella da esprimere anche e soprattutto dal punto di vista estetico. Penso agli edifici realizzati dopo il terremoto in Abruzzo, si sono fatte case di legno rivestite in cemento o di intonaco, oppure case di cemento rivestite di legno: questo non va bene, ed evidenzia una certa confusione. Credo che sarebbe molto bello se il legno continuasse a fare il legno. Forse in questo grande caos legato all’innovazione o alla modernità bisognerebbe ritornare a far sì che i materiali facciano semplicemente il loro lavoro.

C’è anche il tema della modificazione, del cambiamento del materiale nel corso del tempo.
Il bello del legno è che conserva dentro di sé una sua vitalità, nonostante venga tagliato e messo in produzione. È un materiale che col tempo reagisce, cambia colore, scurisce; si può anche trattare, ma siamo più vicini all’idea di un materiale vivo che cambia in funzione delle condizioni del clima, dell’esposizione al sole, all’ombra, al vento, alla pioggia: è un’idea che ci appartiene da secoli. Ci sono delle baite svizzere o sulle nostre montagne che sono secolari e non sono certo brutte. Molti aspetti nella cultura dell’architettura sono legati all’idea di perfezione industriale che nasce da un meccanismo del Novecento in cui il prodotto deve essere perfetto come il primo giorno in cui è stato posato; poi la verità non è quella perché anche edifici in acciaio, in cemento o in vetro negli anni cambiano, a meno di costi di manutenzione spropositati. Andiamo nella direzione della sostenibilità nel capire che gli edifici in qualche modo invecchiano come invecchiano le persone, si stabilizzano, cambiano colore, hanno anche una qualità estetica che si modifica.

Costruire in legno significa costruire a secco e, nella maggior parte dei casi, significa anche costruzione più o meno prefabbricata. Qual è il suo approccio verso la prefabbricazione?
Credo che ci sia un’area di confine abbastanza ampia perché da una parte il legno è entrato in una logica di innovazione, e l’innovazione non è solo nella materia, ma anche negli strumenti di lavoro. L’asilo di Guastalla è stato disegnato nel nostro ufficio, sono stati disegnati i portali e spediti i disegni all’azienda Rubner che ha tagliato il legno direttamente su un banco laser; la prefabbricazione è un concetto, da una parte del secolo scorso, ma oggi, grazie a questa evoluzione degli strumenti, si può parlare di una prefabbricazione quasi taylor made, cioè di una cosa che si fa apposta per un progetto. Si fa il progetto del taglio del legno per quel segmento, per quell’edificio specifico perché oggi sia gli strumenti di progettazione sia gli strumenti di lavorazione del legno offrono grandi possibilità pure nel settore della prefabbricazione. Prefabbricare è una maniera di ottimizzare, di rendere rapidi i meccanismi, di avere anche sicurezza dal punto di vista della qualità della finitura e dei giunti, perché prefabbricare in officina dà delle garanzie diverse che non lavorare solo in un cantiere. Questo è un altro degli aspetti qualitativi, il problema è che la parola prefabbricare è una parola che appartiene un po’ ai decenni passati, al pensiero di realizzare un pannello e di fare sempre quello; oggi, ormai, col mondo digitale il pannello lo si taglia facendo pezzi ogni volta diversi, pur sempre dentro un processo chiamato industriale ma che è anche artigianale. È quello che ho chiamato una volta prefabbricazione mon amour, è una nuova prefabbricazione, un nuovo modo di lavorare tra il mondo della progettazione e il mondo del costruire. Di mezzo c’è un percorso di strumenti che stanno diventando sempre più importanti e che migliorano il nostro lavoro e il lavoro dell’impresa.

Negli ultimi anni si sono visti moltissimi edifici in legno nel settore scolastico, il nido di Guastalla ne è un esempio. Quali sono le potenzialità e i vantaggi di questo tipo di soluzione costruttiva in questo ambito?
Bisogna innanzitutto chiarire che non c’è un atteggiamento di scontro o una polemica con altri sistemi costruttivi. Il legno, se è usato proprio nella sua natura, ha molti vantaggi che in una scuola sono molto importanti. La sicurezza sismica è la prima cosa, essendo un materiale elastico che si adatta al movimento, quindi già di per sé ha una caratteristica interessante; poi c’è una sicurezza di natura ambientale, essendo un materiale naturale, si può toccare. Nell’esporlo, specialmente a Guastalla, il discorso rivolto alle maestre e alle famiglie riguardava il fatto che un bambino fino a tre anni il mondo lo conosce perché lo tocca, lo annusa, fa operazioni conoscitive e di esplorazione; quindi il legno è un materiale che se usato propriamente, in maniera naturale, costituisce un modo per scoprire un materiale importantissimo nella vita dell’uomo. Se è trattato bene, quindi non ha altri tipi di finitura, è un materiale che si presta molto per la sicurezza, dato che non occorre intonacare con il rischio che l’intonaco si stacchi, quando un pezzo arriva è finito e certificato, ha tutta una serie di vantaggi che magari in altri ambiti costruttivi sono più difficili da ottenere; ciò non toglie che riguardo le scuole quello che leggiamo è causa di una pessima manutenzione, perché negli edifici se non si fa una manutenzione costante si possono avere conseguenze anche sulla vita delle persone. Il legno è poi anche un materiale etico, che comunica calore, relazione; nella scuola ha anche molto senso, si può colorare si possono fare molte cose. Vedevo molto bene per Guastalla questa duttilità della forma; i portali, tagliati in quel modo, non li avrei potuti fare se non in legno perché si presta a questo tipo di tagli, a questo tipo di progetto che ha una forte relazione con la forma. Poi il legno è possibile piegarlo, realizzare pareti curve, rivestirle, si posso fare molte cose rispetto ad altri materiali che, per la loro diversa natura, non hanno queste possibilità.

Ha utilizzato il legno anche nella sede dell’ARPA a Ferrara. Secondo lei è un materiale che più di altri può esprimere l’attenzione verso la sostenibilità, o comunicarla meglio?
C’è sicuramente un’opinione pubblica che vede nell’uso del legno un rapporto più sano, perché è intrinseca l’idea di un materiale che viene dalla natura e quindi la relazione forte, mentre oggi un edificio fatto in cemento è percepito come più ostile anche se il cemento ha fatto grandi passi avanti negli ultimi anni e ha avuto una grande evoluzione. Un edificio dedicato alla prevenzione ambientale, secondo me, aveva bisogno che fosse costruito di legno perché gli edifici pubblici come le scuole, come l’ARPA, come gli edifici dove c’è accoglienza al pubblico o dove il pubblico lavora sono una prima forma di educazione civile. Com’è fatto un edificio, quello che trasmette è una prima forma di educazione; il rispetto della natura, il rispetto ambientale, la sicurezza sismica, il fatto di essere in un ambiente ben progettato sono una forma di qualità che noi dobbiamo alla società civile. Un edificio dedicato alla prevenzione dei rischi ambientali ha molto senso che sia fatto con criteri di sostenibilità, non solo a livello di performance ma anche a riguardo delle materie e della modalità con cui è costruito. È un edificio che ha 112 camini alti fino a 8 metri, sono tutti fatti con telai di legno e sono stati montati in cantiere; un cantiere che è stato faticoso perché l’appalto pubblico in Italia non garantisce la qualità dei processi né i tempi di realizzazione. Detto questo, è rapido, veloce, i pannelli avevano l’isolamento termico ed erano predisposti per il montaggio. Il fatto che il materiale nel tempo cambierà colore, che all’interno la luce sarà più calda perché è filtrata dai camini in legno sarà una sua qualità intrinseca.

L’intervento sull’esistente è una delle grandi sfide che abbiamo di fronte. Guardando anche al progetto per il complesso A.L.E.R. di via Russoli a Milano, quali sono le potenzialità del legno per l’intervento su edifici esistenti anche non in legno?
Nel caso del progetto ALER costruire due piani sopra l’edificio esistente generava un problema di gestione del cantiere e di trasporto dei materiali. La possibilità di realizzarlo in legno risultava un espediente comodo ed efficace: la struttura è più leggera, si può appoggiare per punti, si prefabbrica tutta in officina; i vantaggi sono enormi anche dal punto di vista prestazionale perché un pannello in legno prefabbricato e già montato e assemblato è già di per sé una grandissima performance. Per esempio, il settore dei serramenti in legno ha subito una grande evoluzione e ha ricevuto un grandissimo interesse anche a livello progettuale: si potrebbero certe volte ammorbidire e migliorare gli edifici degli anni ‘70, ‘80 che sono stati costruiti male, con i serramenti in alluminio senza taglio termico; la sostituzione di questi elementi è parte di questo processo di recupero, ed è anche un modo per armonizzare di più questo rapporto tra questi edifici e il contesto climatico.

Sta lavorando a qualche nuovo progetto che utilizzi il legno come materiale costruttivo?
Stiamo realizzando un importante progetto a Scanzano Jonico, in Basilicata. Il progetto nasce per volontà della Fondazione Città della Pace per i Bambini, creata dal premio Nobel per la Pace Betty Williams e ha lo scopo di creare un rifugio sicuro e una risposta alla domanda di integrazione delle famiglie di rifugiati. L’area di questo sito era stata destinata al deposito di scorie nucleari, ma grazie ad un’azione e lotta di resilienza da parte della comunità locale e grazie all’aiuto di Betty Williams, è stato invece donato al fine di realizzare la “Città dei Bambini”. Il progetto assume così un grande valore sia sociale che ambientale. Profondamente integrato al paesaggio, è costruito con una struttura in legno rivestita di pannelli in canapa proveniente da una produzione agricola ad economia circolare oltre all’uso della terra cruda. La copertura di ombreggiamento è realizzata in canne di bambù locale ispirata alla tradizione dei cestai. Rinasce una filiera del prodotto ed una nuova economia ecologica. (intervista a cura di Ferdinando Gottard)

⇒ l’intervista è pubblicata sul numero 23 di legnoarchitettura